Una poesia può vivere davvero soltanto nella lingua originale, ché ogni traduzione il suo mistero travisa, fabbricando un falso uguale. La poesia non è prosa, ed il suo vero valore sta in bellezza lessicale della sua lingua più che nell'intero messaggio, che si rende, bene o male. La poesia non è arte universale, ed al suo territorio sta ancorata, al piccolo dominio suo locale. E quando essa viene maneggiata dai traduttori in modo personale, riemerge assai diversa, trasformata.
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Salvatore Pizzo
- 31/10/2018 16:58:00
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Credo che, anche un ornitorinco, meriti qualche verso. E pazienza se, pur non conoscendone la lingua, ci si debba acconciare a farne traduzione... un saluto
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Antonio Terracciano
- 28/10/2018 23:29:00
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Mi sento quasi in imbarazzo nel vedere fioccare ancora commenti (molto sagace lultimo di Klara Rubino) a questa mia modesta poesia. Penso che si possa concludere sostenendo che la traduzione è unoperazione sempre un po imperfetta, anche se spesso necessaria. A tal proposito sono andato a rivedere il libro "Dopo Babele. Il linguaggio e la traduzione" , del professor George Steiner (ed. Sansoni, 1984) . Lho riaperto quasi a caso e, alle pagg. 232-233 , ho letto: "Le energie vitali, la luminosità e la pressione del testo originale non soltanto sono state diminuite dalla traduzione: sono state anche vistosamente involgarite. In un certo senso, il processo di entropia è un processo di corruzione attiva. Tradotti in francese, diceva Heine, i suoi componimenti erano chiar di luna impagliato . O, come dice Nabokov nella sua poesia On translating Eugene Onegin : What is a translation? On a platter / A poets pale and glaring head, / A parrots screech, a monkeys chatter, / And profanation of the dead . Poiché tutto il linguaggio umano consiste di segni arbitrariamente scelti ma intensamente convenzionalizzati, il significato non potrà mai essere scisso totalmente dalla forma espressiva. Anche i termini più genuinamente ostensivi e più apparentemente neutrali si radicano nella particolarità linguistica, in uno stampo complesso di consuetudini storiche e culturali. Non esistono superfici di assoluta trasparenza. Al soixante-dix non si arriva, a livello semantico, per la stessa strada che conduce a seventy , anche se entrambi significano settanta . "
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Ferdinando Battaglia
- 28/10/2018 18:44:00
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È interessante ed istruttiva questa lunga "discussione" su che cosa sia poesia o non lo sia. Non ho personalmente risposte, ma credo che, di definitive, non le abbiano nemmeno i critici "laureati" ovvero gli stessi grandi poeti, poiché, come credo abbia scritto Klara, la poesia è a vocazione universale, ancorché, come in tutte le arti ed i mestieri, non tutti sono chiamati a tutto (almeno come talento naturale); tuttavia, anchio credo che la poesia sia soprattutto forma, epperò non una forma sola ovvero non necessariamente deve contenere in sé tutti gli artifici tecnici disponibili, potrebbe averne alcuni o tutti ovvero nessuno, purché la parola trovi una forma di distinzione dalle restanti possibilità di scrittura. Voglio dire: il problema è accogliere o meno il pluralismo, accettare le diversità oppuro di nuovo tornare al "medioevo" del giudizio, ragione per cui abbiamo da una parte i "dogmi" e dallaltra gli eretici...
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Klara Rubino
- 28/10/2018 18:19:00
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Val la pena che una poesia venga tradotta quando oltre alla forma una poesia è portatrice di sostanza, immateriale. Se predomina la forma allora è meglio osservarla, sezionarla e analizzarla,visivamente e razionalmente, nella lingua originale; piuttosto che portarsela dentro attraverso la lettura e magari custodirsela e svilupparla attraverso un affidamento alle sue suggestioni. Qui mi torna in mente una frase che tu mi dicesti" la poesia è forma"; probabilmente risiede qui la base della questione.
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Antonio Terracciano
- 28/10/2018 18:05:00
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Con il verso "la poesia non è arte universale" , gentile Klara, intendevo, forse esagerando un po, che la poesia non è musica, o pittura (che non usano parole) , e neppure prosa (in cui le parole sono abbastanza facilmente traducibili) . "La poesia non è arte universale" perché può essere compresa nella sua integrità ed in tutte le sue sfaccettature solo da un parlante la stessa lingua (da un buon parlante) , in grado di apprezzarne le sfumature (lessicali, ritmiche, ecc. ) che il poeta ha voluto darle.
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Klara Rubino
- 28/10/2018 17:41:00
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"La poesia non è arte universale". Questo tuo verso mi turba. La poesia e larte in genere è tale perché universale:comune a tutti gli uomini di tutti i tempi; è lesigenza interiore primaria di creare una rappresentazione della realtà e di esprimerla, così da poter comprendere meglio il fulcro della ricerca: luomo, punto di partenza, strumento e meta. La metà è lauto-coscienza, ma delluomo universale, quello che passa attraverso il particolare. Dovere del traduttore è per me il metterci del suo, a favore di quel contenuto, se anche si offendesse lautore originale, non ne sarà certo offesa la Poesia, anzi ne sarà arricchita.
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Antonio Terracciano
- 28/10/2018 09:18:00
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Sono io a ringraziare Laura Turra per il suo approfondito e sentito commento che, parzialmente almeno, mi dà ragione. Laura infatti parla di disagio, di malinconia di chi traduce, e di inevitabile nascita del nuovo. E proprio così: nasce una cosa nuova! Pur parlando con molto sforzo il dialetto napoletano, mi piace scriverlo, e in passato mi sono divertito a tradurre nel dialetto del mio capoluogo, e a pubblicare in un altro sito, alcune brevissime poesie di Baudelaire, di Apollinaire, di Pessoa, e perfino di Carlo Porta, già tradotte in italiano da Patrizia Valduga; siccome ho voluto conservare anche il metro e le rime, il risultato è stato (per me) davvero soddisfacente, ma naturalmente le poesie non erano più proprio quelle (è stata, diciamo, forse come unoperazione di chirurgia plastica... )
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Laura Turra
- 28/10/2018 06:30:00
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Antonio Terracciano mi perdonerà se aggiungo anche il mio ai già molti commenti. Sono, credo, due i piani da considerare: quello di chi fruisce di una traduzione e quello di chi invece, conoscendo la lingua, traduce. Mi concentro sul secondo aspetto. Confesso che amando molto Emily Dickinson, pur essendoci svariate e ottime traduzioni delle sue poesie, anch’io ho provato a tradurne alcune. Perché? L’ho fatto per conoscere meglio me conoscendo lei. Cè un desiderio di rapporto nella traduzione, un desiderio di definire il proprio sé nellincontro con laltro da sé (qualcosa di simile lo accennava anche Klara nel suo commento). Poi è vero che si perde sempre qualcosa nella traduzione, lo sappiamo. È una sensazione che chi ha provato a tradurre ha certamente patito. È quel disagio che si sente nel cominciare un qualcosa che non sarà mai, per definizione, come loriginale. Quasi una malinconia, direi, che ci viene dal sentire uno scarto che sarà sempre incolmabile. Eppure si deve accettare questa perdita, questo “lutto”, altrimenti, come in ogni cosa, non nascerebbe nulla di nuovo. Perdita che, forse, si supera nella provocazione insita nel tradurre: trovare una somiglianza nella differenza. Inoltre poi, come ben diceva Ferdinando, una buona traduzione, ma anche una solo passabile, moltiplica e distribuisce Bellezza. Mi scuso per essermi dilungata e ringrazio tutti, Antonio in primis.
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Ferdinando Battaglia
- 27/10/2018 20:55:00
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Pur riconoscendo il "tradimento", non sarei così severo: anche divulgare è una forma di " tradimento", eppure a volte è lunica possibilità di "consegna" di un sapere all"ignorante". In fondo, si tratta, se la traduzione è di ottima riscrittura, di un moltiplicatore di Bellezza.
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Marina Pacifici
- 27/10/2018 20:25:00
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Chiarissimo il dire del Poeta... Le traduzioni in altra lingua levano brillantezza al testo, affievoliscono la parola, tolgono efficacia alla comunicazione letteraria. Un caro saluto.
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Antonio Terracciano
- 27/10/2018 19:16:00
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Ringrazio tutti coloro che sono così abbondantemente e favorevolmente intervenuti per una poesia di, tutto sommato, non grande livello! Integro il mio intervento precedente precisando che una poesia tradotta è una traduzione / un tradimento al quadrato, perché è chiaro che, come sostenevo in una mia vecchia poesia presente in un altro sito, "Traduttore, traditore" , già traditrici sono le parole che pretendono di esprimere i nostri sentimenti, e quelle che vogliono riportare il nostro pensiero, "fondo come il mare" .
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Franca Colozzo
- 27/10/2018 17:45:00
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Aggiungo che il miglior traduttore della poesia è lautore della stessa, ammesso che conosca sufficientemente la lingua straniera in cui intende trascrivere la sua poesia. Non sarà perfetta, come se fatta da un buon traduttore che però la traviserebbe in parte, ma sicuramente più aderente alloriginale.
Complimenti comunque Antonio per la tua poesia. Cè sempre da imparare da te, oltre agli spunti filosofici. Buona serata.
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Klara Rubino
- 27/10/2018 16:20:00
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Grazie Antonio per la cortese delucidazione. Hai fatto bene secondo me, non cambierei una virgola, è fluida e cosi riesce a trasportare largomento alquanto colto e complesso fino alla chiusa, alla foce, senza difficoltà per il lettore. Quello che dici lo vedo calzante allarte culinaria, le materie prime,gli utensili, le tradizioni, i segreti tramandati oralmente, anche labitudine a certi gusti, spezie ed odori sono locali, esportabili, ma non replicabili. Oggi, con listruzione diffusa, linglese come lingua internazionale, il web e le interconnessioni, la lingua, molte lingue inoltre hanno matrici lessicali comuni, è come quasi un mezzo di trasporto e viaggiando si conosce anche altro da sé! " fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtùte e conoscenza" Poi se la poesia piace si approfondisce. Oltretutto i lettori di poesia sono una nicchia, è necessario ampliare i confini! E anche la cultura si fa sempre più globale, globalmente sempre più uniformata, perché soggetta a stimoli simili.
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Franco Bonvini
- 27/10/2018 15:15:00
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È indubbio che la traduzione tolga qualcosa, e però aggiunge il sentire del traduttore, un po della sua interpretazione. Ma anche sapendo la lingua il lettore interpreta in modo diverso. Bisognerebbe leggerle tutte e due le versioni. O più se ci sono più traduttori.
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Ferdinando Battaglia
- 27/10/2018 15:13:00
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È indubbio che, nel passaggio da una lingua ad unaltra, alcune "parti" della poesia si perdano (in misura minore credo che ciò avvenga anche nella prosa letteraria dalta scrittura), tuttavia qualcosa di prezioso pur sempre rimane, altrimenti non si capirebbe lo sforzo di coloro che, grandi poeti o conoscitori di poesia, si sono cimentati in unardua impresa apparentemente poco cincebe, se è vero quanto si afferma in questi versi; daltronde, già dalla scrittura alla lettura, quando anche nello stesso codice, qualcosa va disperso; non è, in fondo, linterpretazione testuale una forma di "traduzione"? Non lo è lo stesso gusto? Altrimenti tutto dovrebbe essere uguale per tutti, senza distinzioni e sfumature che invece contraddistinguono lambito soggettivo e della scrittura e della lettura; è però vero quanto afferma lAutore: la poesia è, di fatto, " intraducibile" (formalmente).
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Antonio Terracciano
- 27/10/2018 15:00:00
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Condivido le considerazioni di Franca, anche se il mio sonetto non aveva intenti polemici: era una riflessione su dove risiede maggiormente la bellezza di una poesia. (Si può anche rendere, ad esempio, in italiano, con "Il vergine, il vivace ed il belloggi" , che tutto sommato è un bellendecasillabo, uno dei versi più famosi di Mallarmé, "Le vierge, le vivace et le bel aujourdhui" , ma non è evidentemente la stessa cosa; tutta la "Recherche" di Proust, invece, tradotta in unaltra lingua, perde ben poco. ) Penso così di avere risposto anche a Battaglia. Losservazione che mi fa Klara Rubino (successiva allelogio di Lorenzo) non è peregrina: diciamo che mi sono concesso una piccola libertà, quella di avere fatto un sonetto "mezzo continuo" (dato che il sonetto continuo è quello in cui le rime delle quartine vengono riprese dalle terzine) .
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Klara Rubino
- 27/10/2018 14:27:00
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Scusate se intervengo, ma sinceramente avrei una domanda... è canonico lo schema di rime proposto nelle terzine? Io non lo conosco; non ho mai visto la ripresa delle rima "B" delle quartine, nelle terzine. Potrebbe essere una delle mi lacune.
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Ferdinando Battaglia
- 27/10/2018 14:20:00
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Eppure i grandi poeti hanno tradotto...
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Lorenzo Tosco
- 27/10/2018 11:26:00
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Una incontrovertibile verità che il poeta (nonchè filosofo) Teracciano espone in un sonetto di splendioda forma che è desempio a chi chiama sonetti poesie che non riguardano affatto quel genere. Ma che lo chiamino come vogliono, ma non soetto. E unoffesa alla scuola duecentesca di poesia che tu ben conosci.
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Franca Colozzo
- 27/10/2018 10:55:00
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Caro Antonio apri una breccia nel muro che si sta costruendo in nome della poesia. Condivido pienamente quanto tu dici tra tracotanti levate di scudo contro di me che, incautamente, ho osato criticare qualche poesia-non poesia, ovvero prosa. Pare che stia fecondando sempre di più il terreno dellarte di sbalordire (alla Futurista), anziché del poetare. Certo non bisogna restare staticamente fermi a Pascoli, Leopardi, Quasimodo o Montale (questultimi dirompenti ed antitetici rispetto alla tradizione), ma credo che ci sia poesia e poesia. Sicuramente un trasposto pensiero da traduzione del testo non potrà che arrecare nocumento alloriginale. Poi la falsariga di quanti, amici di cordata, celebrano glorie inesistenti al pari del "Re nudo" che tutti i sudditi acclamavano come magnificamente abbigliato. Di che? Di nulla! Ma che vuoi farci? Questa società del web, social-demente, cultrice di Instagram e paccottiglie varie, celebra se stessa in orgiastica estasi. Altro non aggiungo perché vorrei tenere a freno la mia lingua mordace. Sono stata vituperata a sufficienza e questo, seppur mi addolora, mi rende ancor più caparbia nel proseguire per la mia strada da sola. Un saluto affettuoso. Ti auguro un sereno weekend.
P.S.: Premesso di essere perfettamente consapevole della struttura imperfetta e grezza dei miei sonetti, era il mio semplicemente un modo per fustigar costumi dilaganti ormai, del tipo: "Castigat ridendo mores".
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